La BIOGRAFIA

Boris Christoff Sovecianov nasce a Plovdiv (Bulgaria), il 18 maggio 1914, da Rajna Teodorova e Kyril. Il giovane Boris è indirizzato inizialmente alla carriera di magistrato, sebbene abbia iniziato a coltivare molto presto la passione per la musica e il canto, che lo porta ad entrare prima nel Coro Gusla,  poi in quello della Cattedrale Aleksandr Nevskij. Completa gli studi di legge a Sofia, laureandosi nel 1939, e si arruola nella cavalleria dell’esercito bulgaro, assecondando la sua antica passione per l’equitazione. E’ inoltre un appassionato cultore dell’antica caccia al falcone.

Boris è ormai pretore a Padzarjik quando, il 19 gennaio del 1942, gli viene affidato un ruolo da solista nel coro della Cappella Reale per l’annuale festa delle forze armate. Re Boris III e la regina Giovanna di Savoia lo ascoltano: “Avere magistrati è importante” – sentenzia il re – ma in Bulgaria non ne mancano. I buoni cantanti invece sono molto rari. Se lei vuol essere veramente utile al nostro paese, deve dedicarsi al canto e lasciar perdere i tribunali”. Gli offrono dunque una borsa di studio reale per perseguire gli studi di canto.

Christoff accetta la sfida e il 18 maggio del 1942, in pieno conflitto mondiale, parte per l’Italia. Viene ascoltato da Riccardo Stracciari, apprezzato baritono e rinomato didatta, del quale diventa subito l’allievo prediletto. Dopo un anno di studi intensi e proficui, trascorre due anni al Mozarteum di Salisburgo dove studia il repertorio tedesco con il tenore Gunnar Graarud e con Anna Bahr-Mildenburg, la celebre musa wagneriana e mahleriana. Alla stazione di Vienna Boris sfugge miracolosamente a un bombardamento, ma non alla Gestapo, che lo interna nel campo di lavoro di Rankweil, nel Voralberg.  L’arrivo degli Alleati lo riporta alla libertà e, su mezzi di fortuna, torna a Roma da Stracciari.

Il suo nome comincia a diffondersi a Roma dove Boris si esibisce in circoli privati. Qualcuno lo accompagna da Renato Fasano, commissario artistico straordinario dell’Accademia di Santa Cecilia, che lo scrittura per due concerti nella stagione 1945-46:  uno diretto da Molinari Pradelli con l’Addio di Wotan, l’altro con la Passione secondo Matteo e l’austera bacchetta di Otto  Klemperer.  Nel marzo 1946 fa il suo debutto nell’opera di primo piano nei panni di Colline, in una produzione de La Bohème a Reggio Calabria, nel corso della quale, a furor di pubblico, deve “trissare” La vecchia Zimarra. Da questo momento, come lui stesso avrebbe raccontato, si aprono improvvisamente le innumerevoli strade verso il successo.

Gli ingaggi proliferano tra le principali istituzioni musicali italiane: nel 1947 esordisce all’Opera di Roma e alla Scala in Pimen; è re Marke alla Fenice, con l’Isotta di Maria Callas; il primo Boris Godunov a Cagliari; il primo Dosifej a Firenze e poi alla Scala, diretto dall’amico Issay Dobrowen; ne La forza del destino, ancora alla Scala, con De Sabata.

Conosce la giovane Franca De Rensis, figlia del critico Raffaello De Rensis (e cognata di Tito Gobbi), che gli schiude la grande biblioteca della casa di Via Clitunno, ove passa tutta l’intellighentia musicale romana. Con lei si fidanza subito, sposandola poi nel 1949.

Nel 1949 debutta a Salisburgo, con la Messa da Requiem di Verdi e la Nona Sinfonia di Beethoven dirette da Karajan; quindi giunge a Londra per il Boris Godunov al Covent Garden, la Nona di Beethoven all’Albert Hall, e le sedute d’incisione per la HMV di Walter Legge: è la consacrazione internazionale di una star ormai di spicco. A Londra Christoff si distingue anche per il suo carattere inflessibile e l’approccio rigoroso alla musica e agli autori, oltre che per le spiccate capacità attoriali. Per il Boris Godunov chiede l’uso della lingua originale e si scontra con il ventenne Peter Brook, minacciando di abbandonare la produzione. Vince: si canterà in russo. I giornali londinesi, dopo la trionfale premiére, intitolano “ An ovation for Boris Christoff” e “Covent Garden finds a new Chaliapin”.

Il 1950 è l’anno di due importanti debutti: Fiesco, in Simon Boccanegra, alla Fenice e soprattutto Filippo II, nel Don Carlos che inaugura il Maggio Musicale Fiorentino, diretto da Serafin, che diventerà un altro dei suoi ruoli prediletti. Nello stesso anno fu scritturato per la Metropolitan Opera House di New York, ma si vide negare l’accesso negli Stati Uniti a causa delle restrizioni imposte nei confronti dei cittadini dei Paesi di area sovietica; rimandò il debutto americano al 1956, quando cantò alla San Francisco Opera House.

Il periodo tra la metà degli anni ’50 fino a tutti gli anni ’60, costituiscono senza dubbio alcuno il periodo d’oro della parabola artistica di Christoff. Vi si stagliano eventi quali l’Ernani e il Mazeppa al Maggio; I vespri siciliani alla Scala con la Callas e De Sabata, l’esordio all’Opéra di Parigi con il Boris; il Don Carlos del 1958 al Covent Garden, con la direzione di Giulini e la regia di Luchino Visconti; Il principe Igor del 1962 a Chicago, nel doppio ruolo di Galitzkij e di Konchak, con Nureyev nelle Danze Polovesiane; l’Attila a Firenze, con la celebre entrata in piedi sullo scudo portato dagli Unni; altre incisioni ormai “cult”, come il Simon Boccanegra con Gobbi e la Vita per lo Zar con Markhevitch.

Giunto alla soglia dei sessant’anni, Christoff si trasferisce da Roma in Toscana, in una villa cinquecentesca a Buggiano, nei pressi di Montecatini. Qui, assai meglio che nell’appartamento romano, ha modo di espandere le sue straordinarie collezioni: d’arte (quadri e icone, da Correggio a Repin), di tappeti, d’argenti e soprattutto di libri antichi, di cui è da sempre cultore appassionato, al segno d’aver raccolto una biblioteca di quindicimila volumi, alcuni dei quali rarissimi.

Dal 1962 Christoff, ormai cittadino italiano, ha ripreso a tornare più volte in Bulgaria; e alla Bulgaria comincia a guardare anche in vista di un passaggio all’insegnamento: “Credo che i giovani artisti lirici di oggi non debbano passare attraverso le difficoltà che io e la mia generazione abbiamo vissuto. Per questo penso ora di mettere la mia arte al servizio dei giovani”. 

E mentre continua la sua fulgida carriera con concerti e opere a Roma, a Londra e a Parma, va organizzando la costituzione di un’Accademia Bulgara, che collocherà in una sua villa sulla Camilluccia, tornando ad abitare a Roma.

Nel 1992 l’aggravarsi delle condizioni di salute lo obbliga a lasciare l’insegnamento. Assai sofferente, provato, continuamente assistito dalla moglie,  Christoff si rifugia nella lettura e nell’ascolto della musica. La scomparsa,  il 28 giugno dell’anno successivo, avrà un’eco mediatica impressionante; i funerali a Sofia, in quella cattedrale Aleksandr Nevskij che l’aveva visto giovane corista, si svolgeranno davanti a migliaia di persone.